Mi sembri! Porcarotto… ( parlando co’rispetto )

Mi sembri! Porcarotto… ( parlando co’rispetto )

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Mi sembri! Porcarotto…

( parlando co’rispetto )

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Hai inteso Nini?

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‘Un en solo cartiere, Porcari!

Prima, erin tanti campi

e prima-ancòra-avanti

castelli, nobili e romani.

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Un devi dì “parlata ghiòva”

Sciacquiti la bocca!

“Indu sei ito” non si tocca

si dóverébbe chiama’ “idioma”.

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Sciacquiede anco Manzoni

I ppanni in Arno e ne’ fossoni…

‘Osiccome per “Tocchini e Toschi”

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Leccio, Rogio, Gobbo e Nero

fan isola di lingua e di pensiero:

‘r su’ bello è che si riconoscin 

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Lustro

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Mi sembri stupido a dire “porcarotto” 

( “ stupido” con rispetto parlando )

versione in italiano

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Lo hai capito, dunque ,Piccolo mio?

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Non ci sono soltanto cartiere a Porcari!

Un tempo Porcari 

era un comune agricolo

ancor prima

un feudo con nobili e castelli

e nell’antichità 

un villaggio dei romani.

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La frase “Dove sei ito”

è un simbolo da salvaguardare

di quello che dovrebbe

essere riconosciuto 

come un vero e proprio idioma

mentre tu, che stai apostrofando 

il vernacolo porcarese,

come “gretto”, 

dovresti subito redimerti!

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Lo stesso Alessandro Manzoni

“sciacquò i cenci in Arno”

e quindi in un gran corso d’acqua…

( un fiume, appunto )

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Così come dai cognomi “Tocchini” e “Toschi”,

si capisce l’origine porcarese di una persona, 

l’area tra i corsi d’acqua

rio Leccio, canale del Rogio,

fosso Gobbo e fosso Nero

costituisce un’isola linguistica

ed un’identità culturale 

la cui ricchezza 

è l’essere riconoscibile.

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La lingua, la cultura e Porcari

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Non esiste una cultura, di una città o nazione, che sia superiore ad un’altra, così come non ha alcun senso dire che una lingua sia più o meno erudita o garbata di un’altra.

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Premetto che la cultura di un luogo ( e del suo popolo ) non dovrebbero competere con quelle di nessun altro luogo.

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Sostanzialmente, ritengo si attestino su quel che è la storia, il grado di civiltà e l’apertura mentale del popolo stesso e non necessariamente coincidano con il grado di istruzione o il livello di welfare o quanto il luogo sia più collocato a nord, ovest, est o sud nel mondo.

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Interessandomi un po’ a quella che è la variegata lingua lucchese, mi capita di discutere sulla tipicità di alcuni termini, modi di dire, cadenze. 

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Come regola non pongo regole…

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o meglio, non metto limiti escludendo a prescindere ciò che a me non risulta o convince.

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La parlata lucchese in quanto vernacolo ( e non dialetto ) è assai debole, mutevole e influenzabile.

Addirittura da una frazione a quella vicina si trovano accezioni, inflessioni, pronunce diverse figuriamoci in una provincia che va dalla collina alla costa con tutti i rispettivi confinanti.

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La Toscana è poi terra di campanilismi e questi micro-patriottismi, che confido siano solo goliardici ( così lo sono per me ), si riscontrano anche nella provincia lucchese o nella più piccola piana.

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La desinenza “-otto” , al nome dei paesi,  in questi casi assume un senso vezzeggiativo che indica la grossolanità e l’origine contadina del paese, delle persone che ne fanno parte o del loro linguaggio  ( Capannoròtto o Capandoròtto , Porcaròtto, Lammaròtto, Pievaròtto, Vornesòtto…).

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Casualmente ho sentito mentovare la frase

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 “Essere di Porcari…

con rispetto parlando”

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Si associa forse il nome “Porcari” ai porci ( maiali ) o ai loro guardiani?

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L’origine del nome, più plausibile rispetto alla contrazione di “Portus Carolis ( porto di Carlo sul lago di Sesto ), è probabilmente quella che richiama l’attività degli allevatori di suini, diffusa già in epoca longobarda.

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Ma Porcari-paese ha una grande storia, questo non va dimenticato!

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Ancora casualmente mi è capitato di leggere un articolo in cui la cittadina di Porcari veniva definita

 

“La cittadina delle cartiere”. 

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Senza niente togliere alle cartiere e cartotecniche, che rappresentano buona parte del  tessuto industriale ed economico lucchese, credo che questo epiteto sia un po’ limitativo. 

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Porcari ha una storia molto antica che risale all’età del bronzo, quindi ai romani, ai longobardi e su su avanti fino ai giorni nostri…

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Il campanile della chiesa di Porcari

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Il Manzoni nel suo soggiorno toscano del 1827, fece tappa a Firenze, probabilmente riconoscendo al dialetto fiorentino una purezza ed italianità perse negli idiomi dei vari staterelli peninsulari.

Qui disse di dover “sciacquare i cenci in Arno” ossia rivedere linguisticamente alcune pagine del suo celebre romanzo “I Promessi Sposi”.

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Allo stesso modo sarebbe opportuno sciacquare o meglio rispolverare le proprie radici, vera eccellenza e tipicità di ogni terra.

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Quale radice è più fondata al suolo della cultura locale, delle tradizioni, dei prodotti e soprattutto della nostra “parlata” ?

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Sarebbe una buona prassi iniziare col risciacquare la lingua dei nostri nonni perlomeno ( meglio ancora dei nostri letterati e scrittori ) nei nostri fiumi, torrenti, canali e fossi.

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Porcari, comune i cui cognomi più diffusi sono “Toschi” e “Tocchini” , ne ha molti!

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È opportuno iniziare da lì, dal conoscersi e riconoscersi.

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il Lustro
dario.barsotti@hotmail.it
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