Il moscon e l’amor bamboro

Il moscon e l’amor bamboro

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Moscone, chi era costui?

Oh, chiariamo subito che così veniva chiamato il…. corteggiatore della ragazzina, e neanche tanti anni fa.

Una parola italianissima che ha pure questa definizione. , tutt’al più il lucchese avrebbe detto MOSCON.

E noi ragazzi che avevamo una Vespina, una Lambretta, un Ciao, un Solex, una bicicletta, buone gambe, ecc. eravamo appunto paragonati ad un moscone che gira, gira intorno al proprio interesse, ovverosia la bamborina su cui non si staccavan gli occhi.

Magari poi andavamo la sera a prendere il latte per concludere la giornata alla “Gianni”.

Ma grande è stata la mia meraviglia quando mi hanno parlato del MOSCON POSATO.

Chi sarà? 

Beh, non è difficile. Una persona POSATA è tranquilla, calma, che ha trovato poso…..  E infatti il Moscon Posato non ha più bisogno di ronzare: ha raggiunto il proprio scopo perché sta con la sua Lei. Quindi da corteggiatore, si è evoluto in Damo, che è un ruolo un po’ più impegnativo.

Ed è in questo modo  che veniva spiegato dalle persone anziane di quel tempo. Piccoli frammenti di un parlare destinato all’oblìo che solo in parte, e casualmente, si riesce a mantenere.

Oggi, un po’ meno romanticamente, si direbbe: “Dai dai, ha beccato la su’ fia!”

Tempo fa affrontai il tema del moscon con una poesia vernacola riferita alla Primavera. A chi interessa, la riporto sotto in una versione rivista.

Un ringraziamento per avermi raccontato il fatto al grande Chef Umberto Bonelli .

Nonna Iolanda lo definiva “Moscon sulla Vespa”. Poi divenne “Moscon Posato” e allora gli chiedeva anche piccoli lavori, come sistemarle la bicicletta piuttosto che spostare qualcosa più in là. Come la sconosciutissima pruetta. Tanto ormai era il Moscon Posato sulla Vespa ed entrato nella famiglia….

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L’amor bamboro

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O Bì, sempre a lisciatti a quello specchio,

a stiacciatti du’ bugliori a qua e a llà!

E mi par di sentì al mì orecchio

un moscon che ‘ntorno ‘asa st’a ronszà!

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 E te ch’adocchi e cerchi d’uscì fòra,

po’ un m’aiuti, assòrta ne’ ttu atti, 

la parte è lì da fa’, t’aspetta ancòra!

Sei sempre bambora, ma un sian mia matti!

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Ni butta r cencio e seria va ‘n salotto.

È piccina, sta pe’ finì le Medie!

E s’ariorda del su’ amor rincotto,

le sfuriate ‘n casa, le su’ tragedie….

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Stian sitte, a pappà ni si deve vènde…!

Mi pari stracca, su, pèttiniti i ricci…. 

Lo sai, po’ tocca a mme, sentì contende…

Piglia ‘l borsin, c’ho misso du’ o tre spicci….

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E nella Primavera dell’Amore,

s’invìin a sentissi le farfalle.

Quand’è che batte forte forte ‘l core

si vola sensa pesi sulle spalle!

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di Giuseppe Pardi

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il Lustro
dario.barsotti@hotmail.it
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