13 Giu Campi e fosse
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E’ evidente che la campagna sta mutando il suo aspetto.
Spesso per l’incuria e l’abbandono di quei fazzoletti di terra che costituivano il centro contadino della vita dei nostri vecchi.
Orti ben tenuti, contornati da piante di viti intercalate ogni tanto da SALIE (Salici) e fosse pulitissime ed in ordine, che, oltre ovviamente a segnare e delimitare i confini, permettevano alla terra di asciugare eliminando nocivi ristagni di acqua.
Le viti producevano uva fragola, francesina, strozzapréte, varietà da tavola come la Salamanna e un tipo a chicchi grossi che chiavan “Palle di Gatto”.
E chissà quante altre.. In cima o in fondo ai filari c’era un uva nera con acini piccolissimi che era l’UVISSERO.
Dice che serviva per l’impollinazione e comunque, bollito nel mosto, rinforzava il vino.
Il vino non era un granché, di pochi gradi, ma sempre ben accetto. Con lo STRIZZO si spremevano le vinacce fino a catturare ogni goccia.
Poi, messe a rifermentare nell’acqua, le vinacce davano il PICCIOLO, un vinello con quasi nessun grado ma dissetante. E c’era pure chi ripeteva l’operazione……
Le salie producevano i SALCI, che altro non sono che i suoi rametti.
Servivano/servono opportunamente girati (torti) per renderli più flessibili, alle legature delle viti stesse alle proprie canne di sostegno, per tenere le fascine fatte di residui di potatura, ma anche a legare il Cardo (Cardone, gobbo) per l’imbiancamento.
E poi…. il nostro terrore!!! Un rametto piccolo e fine, la VETTA, era lì in piedi sulla cappa del camino per avvisarci del pericolo di vettate nelle gambine nude, alla bisogna!
E la terra coltivata, concimata col PERUGINO e con il pattume delle stalle, produceva ogni bendiddio!
E i forestieri, spesso pisani, dicevan: “Se i lucchesi levassero le fosse, sai quanti altri campi escon fuori!”. In questo caso eravamo degli…. spreconi, raro complimento!
E ora dispiace vedere lo stato attuale dei luoghi.
Addirittura campi pieni di cardi selvatici, raramente visti prima, come in foto.
E lunghissime estensioni dove le fosse sono ormai un miraggio, sacrificate al granturco o al grano e alle esigenze moderne.
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testo e foto di Giuseppe Pardi
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