La festa della libertà a Lucca

La festa della libertà a Lucca

La Festa della Libertà a Lucca

.

Da secoli la Domenica in Albis è stata, per Lucca, la principale festa civile della città: quella della Libertà.


Prima di narrarvi le origini di questa festa vorrei però spiegare il profondo significato che i lucchesi hanno, da sempre, dato alla Libertà.

Lucca è una delle poche città italiane rimasta per secoli indipendente grazie alla sua ricchezza (derivantegli dalla lavorazione e commercio della seta) e ad un’attenta politica di mirate alleanze che la vide sempre presente nella vita politica italiana senza però mai ergersi a prima donna.


La città doveva essere considerata come importante ma non troppo…. in modo da non richiamare le mire espansionistiche dei suoi vicini portandola a dover soccombere a forze superiori.


Fu guelfa quando i guelfi guidavano la politica italiana per poi essere ghibellina quando il vento cambiò direzione, cercò ora l’appoggio dell’Impero ora quello del Papato secondo il momento storico riuscendo così a mantenere sempre la sua identità di città stato.  

Il concetto di libertà è stato oggetto di riflessione da parte di filosofi, scrittori e pensatori di ogni epoca. Oggi per libertà si intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.   Ma cosa significava davvero per i nostri avi essere liberi? A quei tempi forse non si era così lungimiranti ed una delle prospettive più comuni fu quella della libertà politica, checonsentiva ai cittadini di vivere in uno stato capace di fare le sue scelte garantendogli i diritti e le libertà fondamentali  di esprimere le proprie opinioni e di partecipare alla vita collettiva.

Tuttavia, la libertà andava oltre la sfera politica e veniva intesa anche come la capacità di agire in modo autonomo, di fare scelte consapevoli e di perseguire i propri obiettivi senza subire costrizioni esterne. Essere liberi significa poter essere se stessi, ascoltare la propria voce interiore e seguire il proprio cuore senza timori o limitazioni imposte da terzi e per Lucca significava essere libera di governare sui propri territori senza limitazioni ed influenze, di seguire le proprie tradizioni sia civili che religiose sviluppando quelle forme di artigianato e di commercio che la vedevano presente su tutti i mercati europei.  

STORIA della FESTA

Era il pomeriggio di sabato 7 aprile 1369 quando un banditore percorrendo le vie del centro di Lucca si fermò a leggere al popolo un importante avviso: “Udite ,Udite, Domani domenica in Albis di Nostro Signore Gesù Cristo, Messer Carlo IV imperatore dello sacro romano impero per Grazia di Dio, nella Piazza del Foro (S.Michele) leggerà allo popolo tutto il Suo nuovo editto per Lucca e li lucchesi. Che tutto il popolo assista!…” .       Ma cosa era successo?

Per far ben comprendere l’accaduto bisogna risalire a 40 anni prima quando, alla morte di Castruccio Castracani, avvenuta il 3 settembre 1328 ( e tenuta nascosta per una settimana per consentire al figlio Arrigo di impossessarsi del potere in Lucca, Pisa e Pistoia) successero vari accadimenti che, di fatto andarono a distruggere l’opera del Capitano lucchese.
L’imperatore Lodovico il Bavaro non volle riconoscere la validità della successione di Arrigo preferendo far nascere in città intrighi, congiure a tumulti in modo da far cadere una Signoria che, con Castruccio, non aveva potuto evitare. Sopratutto sostenne la rivolta dei mercenari tedeschi, appartenuti all’esercito di Castruccio, che impossessatisi dell’Augusta tennero il potere sulla città in nome del Vicario imperiale. L’imperatore, nel marzo del 1329, vendette il titolo di Vicario e la Signoria su Lucca a Francesco Castracani, zio di Arrigo ma suo grande rivale, ma il 15 aprile la città cadde nelle mani dei mercenari del Cerruglio che la vollero guidata da Marco Visconti. Lo stesso Visconti però il 30 giugno dello stesso anno abbandonava Lucca nelle mani dei “Maliscalchi Teutonici di Vivinaia”. Questi decisero di venderla ai Fiorentini e ai Pisani. Tradendo gli accordi nel mese di settembre cedettero Lucca per 60.000 fiorini al genovese Gherardo Spinola che non riuscì a respingere a lungo le truppe fiorentine che cinsero la città di assedio. Per evitare la capitolazione lo Spinola chiamò a difesa re Giovanni di Lussemburgo re di Boemia e di Polonia che accettò con la promessa di avere la Signoria di Lucca per il figlio Carlo (che sarà l’imperatore Carlo IV). Il dominio di Giovanni durò 31 mesi al termine dei quali Lucca fu ceduta ai Rossi di Parma che la tennero in stato di abbandono sino al 1342 quando fu ceduta al Doge di Pisa, e vicario imperiale, Giovanni dell’Agnello. Inizia qui un triste e lungo periodo di abbandono in quanto i pisani colsero l’occasione per abbattere definitivamente la forza della loro nemica di sempre, imponendo ai lucchesi tasse assurde e limitandone ogni libertà. Il Governo e gli anziani lucchesi divennero di nomina pisana e restavano in carica “ad libitum”. Negli anni successivi Pisa si trovò a combattere una lunga guerra con Firenze cosa che portò ad un ulteriore dissanguamento di Lucca che fu caricata di tasse ed obbligata a combattere nelle file dell’esercito pisano. La cosa non era certo gradita ai nostri antenati che, allo stremo delle forze per il crollo dell’economia , decisero di rivolgersi all’Imperatore Carlo IV di Boemia per rivendicare i loro secolari diritti.
Furono mandati vari ambasciatori Castiglione di Garfagnana (dove Carlo si trovava di passaggio) per esporre i problemi di Lucca e l’imperatore, convinto anche dalla promessa dell’enorme cifra di 100.000 fiorini d’oro, accolse benevolmente gli ambasciatori e decise di fare sosta a Lucca dove  entrò, con tutto il suo seguito, il 5 settembre del 1368. Per i lucchesi fu festa grande perché erano consci che l’intervento imperiale avrebbe potuto risolvere il problema della loro libertà  e per questo scopo si adoperarono affinchè l’imperatore ed i suo seguito non mancassero di alcunché durante il loro soggiorno (che durò quasi un anno…).  

Durante la Domenica in Albis del 1369, in una piazza San Michele piena di popolo urlante, l’Imperatore lesse un proclama in cui condannava apertamente il comportamento dei pisani imponendo l’immediata liberazione di Lucca da qualsiasi signoria.

Il nuovo Governo cittadino, come primo atto dopo la sua ricostituzione, volle che fosse istituita una festa che ricordasse nei secoli la data della riconquista della Libertà cittadina e per questo dal 1370 ogni anno, nella Domenica in Albis, la città avrebbe ricordato l’ingresso in Lucca dell’Imperatore e, unico giorno dell’anno,  i membri del Governo avrebbe preso parte ad una solenne funzione religiosa in Duomo per ringraziare il Signore per il riottenimento della Libertà.
La cerimonia religiosa si doveva svolgere presso uno specifico altare (detto della Libertà) che successivamente si volle che fosse trasformato in cappella dandone incarico al  Giambologna. ”. Durante la solenne cerimonia venivano lette alcune preghiere di ringraziamento scritte appositamente dal Vescovo Lucchese Alessandro Guidiccioni ed autorizzate da una specifica Bolla di Papa Clemente VIII (preghiere rintracciate alcuni anni fa presso la parrocchia di Pieve Fosciana).

Il secondo atto fu quello di approntare una nuova forma di Governo capace di meglio tutelare gli interessi dei cittadini: per questo fu nominata una commissione guidata dal Messo Imperiale Cardinale Guido da Montefeltro che dopo lunghi studi decise di dividere la città in tre parti chiamate Terzieri e a cui furono dati i nomi di San Martino, San Paolino e San Salvatore.
I Terzieri sarebbero stati  alla base della vita politica e militare cittadina per i successivi quattro secoli ed in questo giorno avveniva la cerimonia pubblica della nomina dei Gonfalnieri di Terziere con la consegna ufficiale delle insegne ai Gonfalonieri ed ai Pennonieri.
La cerimonia era attesissima e molto seguita dall’intera cittadinanza che vedeva in essa il rinnovato affermarsi della Libertà cittadina. Nel 1799, con la caduta del governo repubblicano, a seguito dell’arrivo delle truppe francesi, cessa la celebrazione della festa che prosegue comunque in alcuni paesi della provincia : Pieve Fosciana, Vorno, ecc. dove essa non è mai stata accantonata e che viene  tuttora celebrata anche se ne è stata persa l’esatta origine e troppo spesso la popolazione non è più a conoscenza di quale Libertà si festeggia.

Di fatto potremmo chiamarla festa della Liberazione ma i nostri avi probabilmente non vollero darle quel nome per non voler ricordare il sacrificio di aver dovuto elemosinare la propria libertà.
Nel 1370 il nuovo Governo volle celebrare il sentimento della Libertà come la più profonda ambizione di ogni popolo, e da allora in Lucca si parlò di “giorni della Libertà” e si volle che fossero ricordati in perpetuo come giorni dedicati alla celebrazione di questo bene assoluto che ogni uomo deve poter possedere.

La Compagnia Balestrieri negli anni ‘80 decise di riportare la Festa della Libertà agli antichi fasti e per far questo furono svolte lunghe e approfondite ricerche al fine di poter riproporre tutte le cerimonie che anticamente venivano eseguite in questo giorno. Nel 1984 rinasceva così la Festa con la partecipazione del Corteo storico della Compagnia alla Messa in Duomo cui intervengono, come in antico, tutte le autorità civili cittadine.
Dal  2000, al fine di arricchire la manifestazione, fu deciso di riproporre anche la cerimonia dell’investitura dei Gonfalonieri che tuttora viene eseguita secondo le descrizioni contenute sugli “atti della Repubblica di Lucca” conservati presso l’Archivio di Stato.
.  ​​​​​​​​

                                                                                                Massimo Baldocchi

il Lustro
dario.barsotti@hotmail.it
No Comments

Post A Comment