i moccoli

i moccoli

Tutte le bestemmie, lucchesi e non, sono cosa brutta.

Premesso questo è sbagliato bestemmiare sia per chi è credente praticante, per chi è credente non praticante o non credente e quindi neanche praticante.

La cattolicissima Lucca, città delle cento chiese, appartiene alla regione Toscana che, con il Veneto, si contende questo triste primato e questa pessima abitudine di intercalare il discorso con parole volgari associate ad ambiti o soggetti religiosi.

Dal catechismo si apprende che è peccato sia il “moccolo” esplicito che quello modificato in “Io”, “Zio”, “Maremma”, “Mattina” e così via.

Altresì vietati gli animali, anche quelli più nobili e domestici, le rime, le bestemmie in caso di arrabbiatura, litigio o supporto al lavoro.

Il bar, che spesso descrivo,  è un luogo talvolta antagonista alla Chiesa pur non avendo religione o colore.

Vi si annidano tuttavia alcuni personaggi piuttosto blasfemi, o semplicemente ignoranti, che in una frase di dieci parole sono capaci di inserire questo gergo infame.

Faccio il tifo invece per quegli esercenti che affiggono cartelli ( talvolta impopolari) dove si indica che non è gradita la bestemmia come è giusto che sia tanto più in un luogo pubblico.

Scrivendo io molto in vernacolo, mi trovo a esplorare vocaboli della parlata lucchese che il mio comunissimo mela-smartphone si rifiuta di digitare come vorrei.

In questi casi è il software chiamato T9, o uno superiore a me sconosciuto, ad intervenire con il suo algoritmo,  modificando il lemma con uno, a suo pensare, corretto.

Lavorando io sempre in mobilità e con risorse minime anche in termini temporali, sono tantissimi gli errori che mi passano ( per i quali chiedo scusa e non mi offendo quando vengo corretto ).

La correzione però mi suggerisce delle associazioni tra le mie parole e quelle dello stesso numero di caratteri o con lettere uguali proposte di default dal dispositivo cellulare. E sono sostituzioni anche creative o “ganśe” di significato analogo, casuale o opposto.

I telefonini sono ordigni diabolici, si rischia di fare la figura degli ubriachi ( briai ), cosiccome il sistema di messaggistica SMS o l’abusato Whatsapp sono una specie di piaga. Una piaga come il fumo che, per fortuna, è stato bandito dai locali.

Mio nonno fumava sigarette nazionali MS ( dette “Morte Sicura” in realtà significa Monopolio di Stato ) con pacchetto di colore blu ( lui diceva “blé” ).

Lui concordava che ogni bestemmia fosse una parola da ignoranti e chiamava anche “broscia” chi parlava a vanvera esagerando con i discorsi ( al giorno d’oggi non sarebbe sopravvissuto… ).

Guarda caso a parlare in quel modo erano i tanti bevitori sempre alticci e “caldi” per i fumi dell’alcool ( perennemente briai da qui “X N” secondo lo slang della messaggistica )!

La Lucca considerata dai “nemici” confinanti come piuttosto avara,come non spreca i soldi non spreca neanche le parole e con dittonghi tipici ( “eò”, “sie”, “noe”, “ehi” ) accompagnati da “ammicchi” ( gli stessi che si usano nel gioco della briscola per segnalare segretamente al compagno le carte in proprio possesso ) si fa capire un po’ alla méglio…

Una curiosità, si dice “schiacciare” o “stiacciare moccoli” come si “schiaccia” nel gioco della briscola facendo il carico dello stesso seme della mano giocata.

1 Briao x N ar bare “T9”

Lulli era davero avanti

‘un era broscia come tanti…

Isprecava punto di parole

già discoreva cor tinnove!

L’essemmesse le fumava (blé)

senśa dì de’ uośzappé

“Sie” “None” “Èó” “Oh Bì”

“Hai inteso o devo ripartì”

L’uni’a ‘osa avea du’ viziacci 

Pativa ‘r cardo anco per e diacci:

Un, Briao per enne per e bare

Vell’artro che tirava…ma legale.

Moccoli scuriva ir cielo

S’era chiaro veniva tutto nero.

Luqquì era davero avanti

Ma chie bestemmia è d’innioranti

il Lustro
dario.barsotti@hotmail.it
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