L’Attiśso e l’Attiśzin

L’Attiśso e l’Attiśzin

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(Tra parentesi alcune parole in vernacolo lucchese)

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L’attizzo (attisso) è l’atto dell’attizzare.
In genere si attizza il fuoco quando è necessario rinvigorirlo: soffiandoci sopra o aggiungendo qualche pezzo di legno o carbone (tisson) usando le molle per non bruciarsi.

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Da cui il detto: Quello lì (lullì) va preso con le molle (le pinse). Per indicare che da quella persona lì è meglio girarci alla larga o comunque usare molta cautela nell’approccio.

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Oppure si può riattizzare (riattissà) il fuoco, se ad esempio sotto la cenere (cendora) c’è della brace (brusta). Con un po’ di pazienza, aggiungendo carta, piccoli rametti ben secchi e lavorando…. di soffio, si riesce a far ripartire il fuoco.

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Attizzare, riattizzare il fuoco ci fa venire subito a mente il fuoco della passione.
Quindi, una bella donna “mi attizza” nel senso che mi eccita, mi stimola, mi tira…. Lellì mi garba ammodo o m’attissa bao/necci/sodo, come potremmo dire in modo vernacolare.

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Ci attizziamo anche quando ci entusiasmiamo, ci galvanizziamo di fronte a un fatto. Può essere una partita, uno che ci sorpassa e non gliela vogliamo dar vinta, e chi più ne ha più ne metta.

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Poi c’è l’azione dell’attizzatore (attissin) cioè del provocatore, di colui che genera discordia.
Infatti, scopo dell’attissin, è quello di ravvivare il fuoco silente, cioè la brace che è sotto la cenere. Fa esplodere la rabbia di colui che se ne sta apparentemente inerte, ricordandoli i suoi problemi spinosi.

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Covare il fuoco sotto la cenere. Nel senso dell’attizzato, che prenderà fuoco se opportunamente provocato dall’attizzatore.
Altri modi di dire.
Prendere fuoco. Accendersi dalla rabbia, dalla passione, dall’impulso, dare in escandescenza (Incazzassì, Dà di balta, Sbroccà, Sbaroccià, Uscinni il lume dall’occhi…)

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Soffiare sul fuoco. Ne più ne meno, l’opera dell’attizzatore, nel senso di cui sopra.
Scherzare col fuoco. Affrontare il pericolo con incoscienza, sottovalutazione del pericolo.

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E per concludere, gli attissini di allora, che prendevano in giro coloro che presentavano difetti o altro. Così come mi raccontavano, nomi di fantasia.
Ad uno che ci vedeva poco e che cantava nel coro della chiesa, veniva detto: Livio, c’è omini in coro? Dando del cieco nel discorso (c’è omini = ceo, cieco).

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Chi aveva il naso grosso: “Te l’han detto che a uno come te n’apparì la Madonna? Gli apparì, N’apparì = NAPPA grosso naso.
E non potevano mancare i traditi, cornuti (peori, becchi). Facevano parte dei MEDI (TRA i DITI nel senso di un rebus) o in vernacolo, di velli che stan di mezzo.

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di Giuseppe Pardi

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il Lustro
dario.barsotti@hotmail.it
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